Club underground per eccellenza e luogo alternativo irrinunciabile per la Bergamo degli anni Novanta. L’ultima apertura risale al 2015
Di Fabio Cuminetti
Quando si parla di musica underground, e locali in cui si mettevano i dischi di musica underground, scende una lacrimuccia a chi negli anni Novanta era da poco maggiorenne e giù di lì. Perché il locale per eccellenza che faceva sentire i giovani bergamaschi un po’ meno provinciali e un po’ più londinesi (o meglio berlinesi) era letteralmente “sottoterra”: bisognava scendere una scala e finire sotto il livello della strada, a Mariano di Dalmine, per entrare nel locale alternativo che sembrava un po’ una trappola per topi: il Daho. Ed è chiuso da tempo.Quei metri quadri sotterranei un po’ mitici (340, dice l’annuncio) sono in vendita su Immobilare.it come magazzino a 69.900 euro. Che il bagno sia uno solo, come indicato, lo sanno bene quelli che hanno aspettato a lungo prima di entrarci, dopo essersi scolati più birre, per scoprire poi che dentro qualcuno stava pomiciando. Scorrendo le foto scorre anche la nostalgia nelle vene di chi ha passato serate memorabili, o serate orribili, lì dentro: comunque un romanzo di formazione, non c’è dubbio. Le bottiglie di superalcolici (di solito non eccelsi, come avremo modo di ribadire) sono ancora lì, come se gli ultimi gestori del locale se ne fossero dovuti andare di corsa in seguito a una retata.
Le fondamenta erano costruite sulla selezione musicale, con tanto di sala grande più mainstream e saletta di nicchia. Qualche nome? Beh, dal 1993 in poi le serata si sono sempre chiuse con “Creep” dei Radiohead. Non potevano mancare Blur e Oasis, Depeche Mode e Pulp, Cure e Smiths, Suede e Nirvana, Rage Against the Machine e Kula Shaker. Ma la personalità del locale si innalzava a suon di liquori scrausi e poco costosi, gente che si conosceva un po’ tutta, la porta in stile saloon per entrare, l’ingresso a 10mila lire, la sensazione di essere dei sopravvissuti, la foschia densissima a suon di sigarette, le scarpe (e i pantaloni) sporchi da buttare a fine serata. E chi usciva a fumare, in superficie, si divertiva a guardare quelli che lo seguivano, difficilmente sobri, inciampare nell’ultimo gradino che era di 5 centimetri più alto di tutti gli altri.I locali sono quelli di un vecchio rifugio antiaereo che, dalla metà degli anni Settanta, è diventato una discoteca. Nel 2017 uno studente di Lettere all’Università degli Studi di Bergamo ha anche aperto una pagina Facebook per chiederne la riapertura. Ora è chiusa pure lei. Il Daho una volta si chiamava Eden, che fa molto ridere visto che è sottoterra. I dalminesi lo chiamano “bunkerino”, che già ci sta di più.
Qualcuno negli anni ha anche provato davvero a riaprirlo. In nome del vecchio pavimento inevitabilmente umido e appiccicoso, a fine serata. L’ultimo canto del cigno si è avuto nel 2015: era il 20 febbraio e in console ci finì Alessio Bertallot. Ma era già “minestra riscaldata”, nulla a che vedere con lo spirito degli albori. Da allora nessun segnale. Ora che è in vendita, qualche nostalgico ci riproverà?
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