(da CrHometemporary) - Chiamiamo crisi una situazione esistenziale che scuote spesso radicalmente la nostra vita. Dunque un evento della vita che ci accade senza esserne gli attori.
La reazione alla crisi è talvolta un blocco nella costruzione della nostra vita. Il presente perde la sua apertura positiva al futuro per rinchiudersi passivamente in ciò che di positivo è stato. Sembra che ogni oppor...tunità buona appartenga definitivamente ad un passato oramai svanito. Il ricordo del bello che fu si fa in noi rancore verso il presente, rabbia nei confronti della vita, degli altri, di Dio. Rabbia che diviene paralisi operativa, una sorta di buco nero che assorbe ogni capacità di pensiero positivo e di felicità.
Una paralisi, una staticità che imputiamo alla crisi stessa. Evidentemente però non è così. Non si comprenderebbe altrimenti la possibilità - che sempre ci è data di fronte ad uno stesso evento critico - di avere reazioni attive o di abbandonarsi passivamente ad esso.
Senza crisi rischiamo di rimanere invischiati nelle nostre comodità, fedeli ai nostri piccoli idoli, schiavi invece che uomini liberi. La crisi è dunque una fonte, spesso dolorosa, spesso violenta, ma una fonte di cambiamento, di evoluzione, di libertà. Anche se spesso di quel cambiamento e di quella evoluzione non sentiamo alcun bisogno.
Poichè però essere veramente umani non è restare ciò che nasciamo, ma diventare ciò che siamo in potenza, resta il fatto che senza crisi sia più difficile per ognuno di noi attivare un processo evolutivo e dunque essere veramente noi stessi.
Affrontare una crisi è un processo che richiede, implica, necessita, che ci si attivi con forza ed intensità nella prospettiva di modificare la realtà squilibrata dalla crisi per giungere ad una nuova situazione di equilibrio. Occorre ad un certo punto prendere atto della nuova realtà che ci è data e non potendola più modificare farne una base realistica da cui ripartire a vivere. Uscire dalla crisi richiede di interrompere il giudizio di comparazione con un passato che non c'è più, per fare della nuova realtà che sperimentiamo la piattaforma su cui appoggiare i piedi per poter riprendere il percorso della nostra vita.
Distaccarsi dal vecchio.
Pervenire al nuovo.
Ricomporre un nuovo equilibrio.
Questo processo è possibile ad ogni uomo.
Ogni uomo di fede è però chiamato a dare testimonianza a questa possibilità sempre aperta, sempre libera.
Per chi crede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe la storia è escatologica e non protologica. Il compimento della Storia con la S maiuscola sta al suo termine e non all'inizio.
Dunque come ci ha insegnato Gesù Cristo incarnato, per tutti gli uomini e tutte le donne di qualsiasi razza, colore, religione, abilità e talento il Bello deve ancora venire!
Una paralisi, una staticità che imputiamo alla crisi stessa. Evidentemente però non è così. Non si comprenderebbe altrimenti la possibilità - che sempre ci è data di fronte ad uno stesso evento critico - di avere reazioni attive o di abbandonarsi passivamente ad esso.
Senza crisi rischiamo di rimanere invischiati nelle nostre comodità, fedeli ai nostri piccoli idoli, schiavi invece che uomini liberi. La crisi è dunque una fonte, spesso dolorosa, spesso violenta, ma una fonte di cambiamento, di evoluzione, di libertà. Anche se spesso di quel cambiamento e di quella evoluzione non sentiamo alcun bisogno.
Poichè però essere veramente umani non è restare ciò che nasciamo, ma diventare ciò che siamo in potenza, resta il fatto che senza crisi sia più difficile per ognuno di noi attivare un processo evolutivo e dunque essere veramente noi stessi.
Affrontare una crisi è un processo che richiede, implica, necessita, che ci si attivi con forza ed intensità nella prospettiva di modificare la realtà squilibrata dalla crisi per giungere ad una nuova situazione di equilibrio. Occorre ad un certo punto prendere atto della nuova realtà che ci è data e non potendola più modificare farne una base realistica da cui ripartire a vivere. Uscire dalla crisi richiede di interrompere il giudizio di comparazione con un passato che non c'è più, per fare della nuova realtà che sperimentiamo la piattaforma su cui appoggiare i piedi per poter riprendere il percorso della nostra vita.
Distaccarsi dal vecchio.
Pervenire al nuovo.
Ricomporre un nuovo equilibrio.
Questo processo è possibile ad ogni uomo.
Ogni uomo di fede è però chiamato a dare testimonianza a questa possibilità sempre aperta, sempre libera.
Per chi crede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe la storia è escatologica e non protologica. Il compimento della Storia con la S maiuscola sta al suo termine e non all'inizio.
Dunque come ci ha insegnato Gesù Cristo incarnato, per tutti gli uomini e tutte le donne di qualsiasi razza, colore, religione, abilità e talento il Bello deve ancora venire!
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